di Antonio Bordoni
Da troppo tempo ormai l’industria del trasporto aereo commerciale è accompagnata da un convitato di pietra del quale non si parla, ma che di fatto potrebbe spiegare il grande arcano che accompagna questa industria: perché malgrado fattori di riempimento in continua crescita è tanto difficile far quadrare i conti? L’arcano consiste semplicemente nel prendere atto che le aerolinee vendono il proprio prodotto a un prezzo sottocosto. Questa banalissima osservazione spiegherebbe il “mistero” dei mancati profitti, ma anche perché per i vettori low cost le cose vadano differentemente.
Attenzione: se ciò fosse vero, ne deriverebbe la smentita, altrettanto clamorosa, di un’altra credenza che accompagna il settore, quella dei “vettori spreconi”. Per quanto qualcuno che vende sottocosto, dovrebbe essere definito più incapace che sprecone. Procedendo nel ragionamento, accettando quest’ultima considerazione troveremmo ulteriore conferma di un altro tormentone con il quale si dibattono tutti coloro che lavorano in questa industria: come è possibile che l’industria del trasporto aereo sia ancora in crisi malgrado i tagli ripetuti e senza fine operati su ogni possibile settore immaginabile?
Ma ovviamente rimane da dimostrare il punto di partenza di cui ci avvaliamo, ovvero che le tariffe aeree applicate non coprono il costo di produzione del prodotto.
Se prendiamo qualsiasi bilancio di linea aerea che chiude in rosso, troveremo in apertura la precisazione che il principale imputato della perdita è il caro carburante e le continue oscillazioni di cui esso è oggetto. Dal momento però che tutti sappiamo che le aerolinee applicano su ogni tariffa venduta il sovrapprezzo carburante (la voce YQ/YR del biglietto), basterebbe già questa semplice considerazione per capire che i biglietti avrebbero dovuto essere venduti ad un prezzo più alto. Avendo chiuso il bilancio in perdita, ciò evidentemente non è stato fatto. Tuttavia non vogliamo fermarci a questa prima considerazione.
In diversi scritti abbiamo fatto presente che due eventi occorsi in apertura degli anni Ottanta avrebbero giustificato in pieno il raddoppio delle tariffe aeree fino ad allora applicate. In quegli anni gli aeroporti da demaniali vennero progressivamente ceduti a gestioni private, e ciò significò nuovi costi specialmente per i vettori cosiddetti di bandiera che sulle proprie basi di armamento godevano di esenzioni particolari. Sempre in quegli anni l’assistenza al volo prestata dalle aeronautiche militari a titolo non oneroso, diventò anch’essa un servizio privatizzato soggetto a tariffazione. Aeroporti e tasse di navigazione: due voci dalle quali le aerolinee non possono di certo prescindere che improvvisamente diventano servizi prestati in cambio di corrispettivi. Incidentalmente annotiamo che queste due voci sono catalogate tra i “monopoli naturali” e come tali le loro tariffe sfuggono alle elementari leggi di mercato. In quegli anni aveva già preso il via la deregolamentazione, nelle flotte delle aerolinee abbondavano aerei dall’aumentata capacità e nessun vettore se la sentì di mettere a rischio la propria sussistenza alzando autonomamente le tariffe per l’ovvio timore che l’aumentata concorrenza lo ponesse fuori mercato.
Uno studio della Air Transport Association statunitense mostra come dal 1978 al 2011 si sono evoluti i prezzi di beni e servizi rispetto al trasporto aereo. L’ideale sarebbe mostrare grafici e statistiche, ma qui ci limitiamo a una sommaria elencazioni: Spese annuali per la scuola pubblica + 1098% ; biglietto per una partita di football + 700% ; benzina + 427% ; automobile + 374% ; abitazione + 308% ; biglietto cinema + 238% ; tariffa postale + 193% ; latte + 159% ; uova +116%, viaggio aereo +84%. Da ricordare che solo dall’inizio del nuovo secolo ad oggi il prezzo del carburante usato in aviazione aereo è aumentato del 260 per cento.
Facendo un raffronto che ci riguarda più da vicino un volo Roma-New York-Roma in classe turistica che negli anni Sessanta veniva venduto a 440.000 lire andata/ritorno, rivalutato ai parametri di oggi dovrebbe costare 10.580.000 lire pari a 5464,00 euro. Ma tutti sappiamo bene che è possibile andare alla grande mela e tornare con cifre ben al di sotto dei mille euro.
Detto ciò ecco affacciarsi un’inevitabile domanda: perché le compagnie low cost riescono a far quadrare i bilanci vendendo a basse tariffe? E dal momento che in apertura abbiamo detto che la nostra analisi avrebbe chiarito anche questo aspetto, non possiamo esimerci dal fornire una spiegazione alla legittima domanda. La prima scontata risposta che si può dare è che se un’aerolinea offre ai propri passeggeri un servizio quasi inesistente ha ovviamente minor costi. Ma questa spiegazione valida fino a qualche anno fa, ha perso oggi molto del suo valore poiché anche le aerolinee tradizionali ricorrono abbondantemente alla tariffazione dei servizi “ancillary”. Va però ricordato come la tipologia di aerolinea low cost operando solo sul corto-medio raggio non incorre nella diluizione del revenue che invece avviene per chi deve operare in codesharing con altri vettori. Ancora, le operazioni di medio raggio fanno risparmiare tutti i costi operativi tipici del lungo raggio. Inoltre i vettori tradizionali operando solo su aeroporti primari non riescono a spuntare condizioni tariffarie migliorative. Per dirimere ogni dubbio va ricordato che gli operatori che hanno provato a cimentarsi sul low cost a lungo raggio hanno chiuso i battenti nel giro di pochi mesi.
Troppo semplice per essere vero? Eppure tutto sembrerebbe quadrare.
(Fonte: Dedalonews)